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Contro le ipocrisie risorgimentali

L’altra storia dei Neoborbonici riscrive i 150 anni dell’Unità d’Italia

di Dario Fertilio, dal Corriere della Sera del 17 maggio 2010
lunedì 17 maggio 2010 di Valerio Rizzo
Saggi e iniziative cavalcano il malumore del Sud. E Terroni scala le classifiche

L’altra storia dei Neoborbonici riscrive i 150 anni dell’Unità d’Italia

di Dario Fertilio

Feroci come i nazisti a Marzabotto, tecnologicamente spiatati come i marines in Iraq. Stupratori di donne meridionali, sul modello dei marocchini inquadrati nel corpo di spedizione francese in Italia (vedi Sophia Loren protagonista de "La ciociara"). Degni dei Lanzichenecchi nel sacco di Roma. Torturatori in stile Abu Ghraib, guerra d’Algeria, Cile di Pinochet?

Tutte queste, e molte altre atrocissime colpe, vengono gettate sul piatto per le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia da un numero crescente di saggi sopraccitati. Sostenuti a loro volta da associazioni in espansione come i "Neoborbonici", gli "Insorgenti", "Il Partito del Sud". Forti anche numericamene i primi, e debitori dello scrittore umorista Riccardo Pazzaglia (quello del "brodo primordiale") che cosí li battezzò. In espansione i secondi, provenienti da destra. Piú politici i terzi, fondati dall’ ex comunista Antonio Ciano e oggi al potere nel comune di Gaeta.

Ma fra tutti i libri da comodini del bravo neoborbonico oggi ne primeggia uno, muscolare quanto sprezzante del "nemico". Terroni, si intitola significativamente questo pamplhet pubblicato dalla Piemme (pp. 303, € 17,50), firmato dal giornalista pugliese Pino Aprile e -forse anche aiutato dal titolo provocatorio- fra i primi da settimane nelle classifiche delle vendite. Ai vili piemontesi viene imputata una specie di pulizia etnica accompagnata dalla spoliazione del territorio, ma l’opera di devastazione, a giudizio dell’autore, è stata completata in seguito dalla classe politica antimeridionale, poi dai leghisti innamorati dei riti celtici, e definitivamente resa possibile dalla cultura del "forza Etna" e del "datevi una mossa"; una ideologia ben radicata che sa di razzismo, disprezzo per il diverso, pregiudizio etnico, ingorda volontà di accaparrarsi le risorse. Avete voluto conquistarci con le armi, proclama insomma l’autore di Terroni- e ci siete riusciti, facendoci passare tutti per "briganti", decapitando i nostri eroi, dannando la memoria del Regno delle Due Sicilie che non era invece niente male issandoci con ferocia fino a farci emigrare massicciamente in America, lasciandoci passare gli aiuti ’straordinari’ della Cassa per il Mezzogiorno e dell’Unione Europea sotto il naso, per poi investirli barbaramente lassú al Nord, per l’Expo, le compagnie di navigazione sui laghi lombardi, le forme di parmigiano invendute. Ed eccoci, noi poveri terroni, privati di tutto: strade, acquedotti, ferrovie (nel duemila i chilometri in esercizio erano quasi mille inferiori a quelli dell’anteguerra), persino di un sogno del ponte sullo Stretto. Ma adesso basta: nessuno -conclude Pino Aprile nel suo pamplhet- può obbligarci a restare nel carcere in cui ci avete rinchiusi. O lasciate perdere le ipocrisie federaliste e ci assicurate uguali punti di partenza e infrastrutture -cominciando dalla sanità e dalla scuola- oppure, senza aspettare Bossi, saremo noi a fare la secessione. Con un’avvertenza però: al momento del divorzio si fanno i conti e, poiché da un secolo e mezzo ci state derubando, siete cortesemente pregati di versarci un indennizzo. Poi sia quel che sia; magari, una volta gettati nel mare dell’indipendenza, noi meridionali dimostreremo di saper nuotare benissimo. Finché un giorno -chissà- ci rimetteremo con voi. Ma, questa volta, da uguali. Ci sono dunque dietro al successo di Terroni (sette edizioni in due mesi) la galassia meridionale delle associazioni, i vessilli del giglio bianco oppure armati di schioppo, le opere preparatorie di Salvatore Scarpino (La guerra cafona, Boroli), Lorenzo del Boca (Indietro Savoia e Maledetti Savoia), Gigi Di Fiore (Controstoria dell’Unità d’Italia Rizzoli), piú la madre storica, La conquista del Sud di Carlo Alianello (Rusconi). Ma, fra tutte, quello di Aprile suona piuttosto come un deluso inno d’amore all’Unità tradita, un amaro rivolgersi a chi ha la memoria corta per ricordargli che il meridionalismo è nato nel Settentrione lombardo.

Poche settimane fa un gruppo di neoborbonici ha manifestato nel cuore dell’ ex capitale nemica: Torino, per chiedere che venissero tolte dalle sale d’esposizione le teste dei meridionali allineate come macabro rispetto della diversità; e già che c’era, ha letto il primo capitolo, come una specie di memento.

Ieri invece, nello spazio torinese riservato al dibattito su Terroni, si è sfiorata la rissa, una persona tra il pubblico ha urlato slogan contro il ministro Calderoli nel momento in cui prendeva la parola lo storico Giordano Bruno Guerri (anch’egli impegnato nel dare alle stampe un libro sulle insorgenze antiunitarie). Fra nuovi insulti, mentre la tensione saliva alle stelle, è stato proprio Guerri a gettare gli occhiali per terra slanciandosi contro la persona che lo aveva interrotto. L’hanno trattenuto per la giacca e le cose sono poi rientrate nel binario della discussione pacata. Ma di certo qualcosa sta accadendo al Sud, ha avvertito Pino Aprile in coda al suo saggio: "potrebbe essere uno dei tanti scossoni poi placatisi? o il ribaltone". Di certo, non la festa che si aspettavano i banditori del centocinquantenario.


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