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l’ira della Santa sede per i file di Wikileaks

Il segreto di Pulcinella

di Federico Tulli - da Cronache Laiche
domenica 12 dicembre 2010
Insabbiare qualsiasi notizia relativa ai crimini pedofili compiuti all’ombra della Chiesa. In Vaticano dev’essere un gesto riflesso. Come altro definire l’ira della Santa sede per i file di Wikileaks pubblicati venerdí dal Guardian che svelano la reticenza delle gerarchie d’Oltretevere coinvolte nell’inchiesta irlandese guidata dal giudice Yvonne Murphy e conclusa poco più di un anno fa? «Un atto di estrema gravità», ha tuonato oggi la solerte sala stampa vaticana nel commentare la decisione del Guardian, aggiungendo che i cable – dove c’è scritto che la Santa Sede si irritò quando i suoi uomini furono convocati a Dublino per testimoniare di fronte alla commissione – riflettono solo le opinioni di chi li ha redatti.

Non è proprio così, le note diffuse da Wikileaks piú che le opinioni del diplomatico Usa che le aveva messe nero su bianco, riflettono la realtà. In Vaticano lo sanno bene. E’ difficile infatti pensare che il sistema di monitoraggio delle notizie tra i piú efficaci al mondo, come è quello guidato da padre Federico Lombardi, abbia dimenticato di dare un’occhiata a cosa c’è scritto nel Rapporto Murphy. Oppure, a quello che raccontavano i giornali irlandesi a fine novembre 2009, quando, appunto, i risultati dell’inchiesta sono stati resi pubblici.

Il giudice Murphy dedica infatti diverse pagine al comportamento delle gerarchie ecclesiastiche romane. E racconta come la commissione da lei guidata sin dal 2006 aveva chiesto dettagli dei rapporti sugli abusi inviati alla Santa Sede dall’arcidiocesi di Dublino. Il Vaticano non rispose alla richiesta, limitandosi a comunicare al ministero degli Esteri irlandese che Murphy «non era passata attraverso gli appropriati canali diplomatici». Ma la commissione era indipendente dal governo, quindi non aveva ritenuto opportuno usare canali diplomatici. Fu poi ignorata anche una richiesta di informazioni avanzata nel febbraio 2007 al Nunzio apostolico a Dublino, Giuseppe Lazzarotto. A lui il giudice Murphy chiese tutti i documenti rilevanti in suo possesso, ma non ottenne risposta.

Non ci fu risposta neanche alla richiesta di commento al Rapporto che era stato inviato a Lazzarotto dal momento che citavano il suo ufficio, come ricordano il 26 novembre 2009 su The Irish Thames in due diversi articoli Elaine Edwards e Patsy McGarry. Per inciso, il 22 dicembre 2007 Lazzarotto diventa improvvisamente Nunzio apostolico in Australia. Piú lontano dall’Irlanda c’è solo l’Isola di Pasqua. Il quotidiano irlandese conclude citando il portavoce della Santa Sede, Federico Lombardi, che afferma: «Si tratta di una questione che riguarda la Chiesa locale». Ma l’evidenza dice altro. L’11 dicembre 2009 Benedetto XVI convocherà un vertice in Vaticano con la segreteria di Stato quasi al completo, il presidente della Conferenza episcopale irlandese, Sean Brady, il vescovo di Dublino Marmuid Martin e il “nuovo” nunzio Giuseppe Leanza. Oggi, a un anno di distanza e dopo tante scuse alle vittime dei preti pedofili (a proposito, ma le vittime che ne pensano di queste scuse?) fanno tutti finta di niente.

Federico Tulli


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