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Una democrazia a voto mafioso

Mani mafiose sulla democrazia

di Roberto Saviano - La Repubblica, 13 ottobre 2010
mercoledì 13 ottobre 2010

Mani mafiose sulla democrazia

Vi racconto una storia, una storia semplice, facile da capire. Una storia che dovrebbero conoscere tutti e che i pochi che la conoscono tengono per s?. Come si truccano i voti, come si controllano le elezioni, come fanno i clan criminali a gestire il voto. L’organizzazione si procura schede elettorali identiche a quelle che l’elettore trova ai seggi, tramite scrutatori amici e in alcuni casi dalle stamperie stesse. Le compila e le tiene l?. L’elettore che vuole vendere il suo voto va da referenti del clan e riceve la scheda elettorale gi? compilata. Si reca al seggio presenta il proprio documento di riconoscimento e riceve la scheda regolare. In cabina sostituisce la scheda data dal clan gi? compilata con la scheda che ha ricevuto al seggio, che si mette in tasca.

Esce dalla cabina elettorale e consegna al seggio la scheda ottenuta dal clan. Poi va via. Torna dagli uomini del clan, d? la scheda non votata e riceve i soldi. La scheda non votata e consegnata agli uomini del clan viene compilata, votata, e data all’elettore successivo che la prende e torner? con una pulita. E avr? il suo obolo. Cinquanta euro, cento, centociquanta o un cellulare. O una piccola assunzione se ? fortunato e il clan riesce a piazzare tutti i politici che vuole.

Ecco come funzionano le elezioni in alcune parti del Paese. Avevamo da queste colonne lanciato una provocazione durante le ultime elezioni amministrative. Avevamo chiesto all’Osce, all’Onu, all’Unione europea di poter monitorare le elezioni amministrative. Non nelle capitali, non nelle citt? pi? in vista dove spesso fanno studi e osservano. Ma nei posti di provincia dove il condizionamento ? capillare e costante, dove i candidati sono direttamente imposti ai partiti dalle organizzazioni criminali. Il presidente della commissione antimafia Pisanu conferma che le amministrative hanno visto nelle liste candidati impresentabili, uomini e donne decisi direttamente dalle organizzazioni criminali. La richiesta di aiuto all’Onu era naturalmente una provocazione, un modo per sottolineare che da soli non ce la facciamo. Che le mafie sono un problema internazionale e quindi solo una forza internazionale pu? estirparle.

Quando un’organizzazione pu? decidere del destino di un partito controllandone le tessere, quando pu? pesare sul governo di una Regione, quando pu? infiltrarsi con assoluta dimestichezza e altrettanta noncuranza in opposizione e maggioranza, quando pu? decidere le sorti di quasi sei milioni di cittadini, non ci troviamo di fronte a un’emergenza, a un’anomalia, a un "caso Campania" o a un "caso Calabria": ci troviamo al cospetto di una presa di potere gi? avvenuta della quale ora riusciamo semplicemente a mettere insieme alcuni segni e sintomi palesi. Il Pdl in molte parti del Sud ha candidato colpevolmente personaggi condannati o indagati per mafia.

Tutti i proclami di contrasto alle organizzazioni criminali si sono vanificati al momento di scrivere le liste elettorali: persino quello che di buono era stato fatto nell’ambito repressivo ? stato vanificato. Tutto compromesso perch? bisogna dare la priorit? ai voti e agli affari e quando dai priorit? ai voti e agli affari, d?i priorit? alle mafie. Il centrosinistra ha cercato un maggiore controllo non sempre riuscendoci. Dalla svolta, che sembrava avvenuta con lo slogan "Mafiosi non votateci" alla deriva che arriv? con l’iscrizione al Pd in un solo pomeriggio a Napoli di seimila persone. Il tentativo di incidere sulle primarie aveva portato ambienti vicini ai clan ad entrare nel partito per condizionarne i leader.

Il codice etico elettorale viene sbandierato quando si ? molto lontani dalle elezioni e poi dimenticato quando bisogna candidare chi ti porta voti. Conviene essere contro le organizzazioni, ma se questo significa perdere? Cosa fai? Compromesso o sconfitta? Tutti rispondono compromesso. E questo perch? la politica sembra essersi ridotta a mero strumento che usi per ottenere quello che il diritto non ti d?. Se non hai un lavoro, cerchi di ottenerlo votando quel politico; se non hai un buon letto in ospedale, cerchi di votare il consigliere comunale che ti far? il favore di procurartelo. Ecco, questo sta diventando la politica, non pi? rispetto dei diritti fondamentali, ma semplice scambio. Quello che si fatica a comprendere, ? che il politico che ti promette favori ti d? una cosa ma ti toglie tutto il resto. Ti d? il letto in ospedale per tua nonna, ti d? magari l’autorizzazione ad aprire un negozio di tabacchi, ti d? mezzo lavoro: ma ti sta togliendo tutto. Ti toglie le scuole che dovresti avere per diritto. Ti toglie la possibilit? di respirare aria sana, ti toglie il lavoro che ti meriti se sei capace. Questa ? diventata la politica italiana: se non ne prendiamo atto, si discute su un equivoco.

La macchina del fango, lo strumento che in certi ambienti del governo si utilizza per terrorizzare chiunque osi contrastare ? mutuato direttamente dal comportamento delle mafie. Diffamazione, delegittimazione costante, ? la criminalit? che ci ha insegnato questo metodo che si sta dimostrando infallibile: far credere che tutto sia sporco, che non valga la pena pi? di credere in niente. Se fossimo un altro paese si invaliderebbero le elezioni, se fossimo un altro paese si chiederebbe aiuto agli organismi internazionali, se fossimo in un altro paese, un potere pubblico condizionato dalle organizzazioni criminali a destra come a sinistra sarebbe disconosciuto. Ma non siamo un altro paese. Ci resta solo la possibilit?, che dobbiamo difendere con tutto quello che abbiamo, di raccontare, osservare, capire e dire come stanno le cose: che l’Italia ? una democrazia, ma ? anche una democrazia a voto mafioso.

?2010 Roberto Saviano/ Agenzia Santachiara
(13 ottobre 2010)


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