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Simonetta Agnello Hornby: "Mi sento siciliana, non italiana"

di Giovanni Zambito - Affaritaliani.it
venerdì 27 agosto 2010

Simonetta Agnello Hornby parla in anteprima con Affaritaliani.it del nuovo romanzo, "La monaca", di prossima uscita per Feltrinelli, e aggiunge: "Io sono sempre stata siciliana: mio padre lo era e ci teneva. Noi a casa nostra parliamo siciliano, mentre tante delle mie cugine non lo parlano bene. Pap? era stato educato in Toscana, ma si sentiva siciliano, per cui io onestamente mi sento siciliana, non italiana: io ho lasciato la Sicilia nel ’64 quando avevamo la televisione da sei anni e da allora i siciliani sono diventati pi? italiani e gli italiani sono diventati pi? siciliani grazie al grande Camilleri, per cui ci siamo mischiati di pi?. Io non ho nientre contro l’essere italiano: non lo sono, punto e basta"

Ventisette titoli per undici case editrici siciliane: Sellerio, Dario Flaccovio, Novantacento, Prova d’autore, La Zisa, Kimerik, Navarra, Carlo Saladino, Edizioni del Mirto, Medinova, Nuova Ipsa: si presenta cos? la prima edizione del concorso letterario "Torre dell’Orologio" bandito e organizzato dalla neo-amministrazione di Siculiana, provincia di Agrigento. I libri saranno giudicati da un apposito comitato di lettura che selezioner? la cinquina dei finalisti fra cui nella prima settimana di novembre sar? proclamato il vincitore. Madrina e presidente di giuria, un’ospite d’eccezione, la scrittrice Simonetta Agnello Hornby, autrice di "La mennulara", "La zia marchesa", "Boccamurata", "Vento scomposto", romanzi di grande successo. "Ho accettato di presiedere il concorso per dovere, confessa ad Affaritaliani.it: ? un dovere aiutare la letteratura e chi lavora in questo campo, e questo ? un concorso pulito".

In occasione del concorso lei ricever? la cittadinanza onoraria di Siculiana: che cosa prova?
"Io sono originaria di Siculiana e per me ? un onore: ho sempre vissuto sapendo di essere una Agnello di Siculiana. Sono nata a Palermo e vivo a Londra, ma ho sempre avuto fortissima questa identit? siculianese: sono grata al destino e ovviamente alla giunta di Siculiana che me lo ha ricordato".

Pu? condividere con noi qualche ricordo della sua famiglia su Siculiana?
"A Siculiana passavo due-tre settimane d’estate, dai miei nonni che abitavano al terzo piano del palazzo di famiglia: un appartamento molto piccolo dato a mio nonno quando si spos?. A mia nonna piacque talmente tanto che non volle trasferirsi altrove: ci stavamo stretti, ma l? si form? questa piccola famiglia, mio padre aveva solo due sorelle e questo senso d’identit? mi piaceva come anche la dinamica delle famiglie che stavano l?. D’estate ci andavano tutti i miei prozii: ognuno aveva un appartamentino nel palazzo e si visitavano fra loro. La mia nonna mi permetteva di scendere ai piani sottostanti senza di lei, perch? lei era molto grossa e non ce la faceva, per cui mi sentivo libera, andavo e sentivo tutti i pettegolezzi delle zie. Mi affascinava questo mondo dei grandi, di gente che ricama, lavora, parla e spesso sparla".

Una dimensione che ritroviamo nei suoi romanzi siciliani?
"Certo. Ma a Siculiana c’? di pi?: per esempio il portiere faceva anche lo ’scarparo’, un uomo gobbo e intelligente e io correvo a guardarlo. Ricordo l’odore intenso e forte della colla: poi ho scoperto che ? anche una droga, non credo che il povero portiere-scarparo lo sapesse. Credo che la mia unica esperienza della droga risalga proprio a quando avevo quattro anni".

Ha parlato di aiuto alla letteratura: in che modo la letteratura ha aiutato lei?
Mi hanno aiutato le arti, importanti per l’umanit?: ci differenziano dagli animali. ? importante incoraggiare chi fa arte, che venga diffusa, dare un risultato anche materiale all’artista. A Londra si vedono opere d’arte vendute a prezzi enormi, indegni e montati solo dagli agenti: opere d’arte che non potranno sopravvivere, mentre si dimentica l’artista, il musicista, lo scrittore pi? modesto che viene distrutto da questo mondo in cui il capitale mangia tutto e crea i grandi autori e i grandi pittori in modo fasullo. ? importante riconoscere chi ha talento, chi non ? fortunato, chi non sar? mai un artista mondiale, ma che pu? dare gioia e far pensare la gente che vede o legge il suo lavoro.

Con il suo nuovo romanzo per la Feltrinelli "La monaca" prossimo alla pubblicazione torna all’ambientazione siciliana: in che cosa cambia rispetto alla prima trilogia?
"La mia monaca ? figlia di un napoletano, ma ? una siciliana: il periodo ? 1836-1848, prima della nascita de "La zia marchesa". La differenza sta nel fatto che il ’48 ? l’inizio del Risorgimento italiano, di cui non avevo parlato. Ne "La zia marchesa" avevo parlato del disastro della conquista della Sicilia da parte dei garibaldini, mentre il Risorgimento ? un periodo bello da apprezzare, e non da vilificare anche se non ha fatto tanto bene a noi: e la mia monaca vive nel Risorgimento a modo suo. ? la storia anche di un convento, quindi anche di religione: con "La monaca" sono entrata nei conventi, un’esperienza bellissima".

In Italia si stanno preparando i festeggiamenti del 150? dell’Unit? d’Italia: secondo lei, noi italiani abbiamo coscienza d’identit? e di patria?
"Io sono sempre stata siciliana: mio padre lo era e ci teneva. Noi a casa nostra parliamo siciliano, mentre tante delle mie cugine non lo parlano bene. Pap? era stato educato in Toscana, ma si sentiva siciliano, per cui io onestamente mi sento siciliana, non italiana: io ho lasciato la Sicilia nel ’64 quando avevamo la televisione da sei anni e da allora i siciliani sono diventati pi? italiani e gli italiani sono diventati pi? siciliani grazie al grande Camilleri, per cui ci siamo mischiati di pi?. Io non ho nientre contro l’essere italiano: non lo sono, punto e basta".


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