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I FALÒ E I REPLICANTI

Giorno dopo giorno siamo spettatori di un mondo che ha perduto la bussola. Che giri insospettabili di malaffare, mazzette, tangenti, scandali da rotocalco, massacri di innocente povera gente, scorribande di scafisti, impotenza dei controlli, connivenze politico-affaristiche malavitose costituiscano l'attualità, potrebbe anche rientrare nel novero del prezzo da pagare alla società dei bisogni e dei consumi, ma che la classe politica al governo del paese, come quella che guida la nostra Regione, persone che abbiamo ammirato per la sagacia che avevano dimostrato nel gestire chi le cose pubbliche, chi le grandi imprese industriali, si scoprano oggi cosí in contraddizione tra di loro (e non cosí dabbene come avevamo una volta creduto) questo proprio ci turba profondamente. L'idea cosí di non poter delegare il nostro avvenire, e quello dei nostri figli, ad una classe politica che non ci sembra preparata ed attenta ai problemi del Paese, ma rissosa; alla ricerca di posti e potere non può certo tranquillizzarci. Il sospetto poi che i mezzi d'informazione, la tanto amata televisione (che all'estero riesce a criptare persino i cartoni animati ed il Quark pomeridiani) ci abbiano propinato per anni le loro verità, che ci abbiano convinto di una data tesi secondo la loro logica di appartenenza politica, le direttive del partito a cui obbedivano si affaccia nelle nostre menti. Cosí tutti i punti di riferimento del nostro vivere "politico" vacillano e, fatalmente, viviamo momenti di smarrimento. Ma tutto si giustifica oggi con il cambiamento, costi quel che costi!
Ci sconvolge però l'idea che strade, ponti aeroporti, opere pubbliche, giardini nido, cliniche,ospedali e fabbriche possano essere sorti - nella logica della lottizzazione politica - laddove il connubio affari-politica avesse trovato il giusto tornaconto in termini di soldoni e non dove effettivamente ce ne sarebbe stato effettivamente bisogno per la gente che, cosí, ne avrebbe trovato giovamento.
Ci sconvolge anche l'idea delle migliaia di giovani ancora alla ricerca del primo impiego, delle file dei disoccupati che vanno a infoltire le bande della malavita, della paura dei cittadini delle grandi metropoli, roccaforti ormai di traffici loschi e malaffare, della impotenza di uno Stato distratto ai problemi della gente e pigro nel legiferare, di una classe politica che cerca il proprio tornaconto tradendo persino il mandato ottenuto col voto degli elettori.
Ci sconvolge in fondo l'idea di essere, nonostante il nostro gran parlare, parte integrata di questa società in cui viviamo, di accettare, nostro malgrado, di essere esattamente l'immagine di quello che rifiutiamo. Abbiamo tutti le stesse reazioni di sdegno, di ripulsa ma, senza ipocrisia, confessiamolo, non facciamo niente per cambiare le cose e, codardamente, fingiamo anche di capire le ragioni di
chi ha rubato o ci ha propinato una logica abietta che ci fa tenere in considerazione quei criminali e, edulcorandola, ci fa comprendere quella realtà.
L'idea dello Stato, nella sua forma originale di contratto sociale, dovrebbe essere quella di una garanzia di diritti e doveri in modo che ognuno possa godere della propria libertà senza offendere quella degli altri, in modo che ognuno rifletta nello Stato sé stesso, i suoi intendimenti, le sue esigenze.
Invece lo Stato odierno (la società, quindi noi stessi) non ci dà il minimo affidamento, ci offre una realtà effettuale e dieci effettive, non ci cautela né ci offre garanzie. Nel marasma degli avvenimenti perciò confondiamo ormai il giusto e l'ingiusto, perdiamo il lume della solidarietà, ci accorgiamo del venir meno di quella coesione sociale, di quella simpatia degli uni verso gli altri, dell'italico "volemose bene". Diventiamo feroci animali metropolitani parcheggiati in triplice fila.
Ci vengono in mente i film che raccontano degli uomini sopravvissuti all'ultima follia, al disastro nucleare, alla fine del mondo: ridotti senza risorse, senza piú ideali né valori, inevitabilmente di ritorno
alla primitiva barbarie.
La gente osserva i falò che si attizzano un pò dovunque e si chiede spaventata cosa succederà.

Eugenio Preta, Francesco Paolo Catania


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